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Festival Cinema Venezia 2009: recensioni film, interviste

 
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Placido e Romero, che delusione

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9 settembre 2009

Giornata difficile per critici e appassionati, due dei film più attesi della Mostra regalano delusioni cocenti. George Romero, vate del cinema horror e dell'epopea degli zombie crolla al sesto capitolo della sua saga, Survival of the dead, in una pellicola sbagliata e sconclusionata. Michele Placido, dopo aver mancato Cannes per ritardi nell'edizione del suo Il grande sogno, approda al Lido in un'atmosfera di grande attesa. La sua autobiografia personale e generazionale risulta però un'accozzaglia di luoghi comuni e immagini incoerenti. Un film sgrammaticato cinematograficamente e politicamente.

Il grande sogno- Concorso
Michele Placido, entusiasta, parlava da molto di questo progetto che univa la sua biografia e quella dei suoi sceneggiatori in una più ampia visione di un'epoca e di una generazione, nel 1968. Una fotografia necessaria per capire il mondo, ripartire dall'anno in cui lo si voleva cambiare e, in parte e non nel senso voluto dai movimenti di protesta di allora, lo ha cambiato. Iniziativa lodevole, importante, ambiziosa, naufragata miseramente in un'opera che non trova mai il bandolo della matassa, vittima di un'impostazione creativa, registica e politica totalmente incoerente. Dai luoghi comuni in cui inquadra i contestatori- Luca Argentero, qui inusualmente deludente, così come Jasmine Trinca, sono rinchiusi in personaggi monodimensionali: il figlio di N.N. e di un'operaia, leader extraparlamentare, la borghese cattolica ribelle- allo sguardo ingenuo dell'attore-poliziotto Scamarcio, che comunque si salva con un'interpretazione che riprende, con talento e impegno, per i capelli. Sulle barricate vediamo bambinoni spesso inconsapevoli e superficiali (il Sessantotto, qualsiasi sia la posizione da cui lo si giudichi, è stato molto più di amori in università occupate, girotondi in bicicletta sul tetto delle stesse, dibattiti retorici), dall'altra parte poliziotti di cui non vediamo nulla oltre la divisa. Vediamo un nucleo familiare in frantumazione, preda di uno scontro di idee, ideologie e generazioni, secondo uno sguardo schematico e didascalico, e il tutto si riduce a un brutto melò politico-sentimentale. E, purtroppo, cinematograficamente la pellicola soffre di errori macroscopici: tagli draconiani in montaggio (lo Scamarcio infiltrato, il salto da Valle Giulia all'ultima estate borghese della Trinca, l'amore ritrovato di due dei protagonisti non trova spiegazioni né il respiro dovuto del racconto, l'abbandono della non violenza) e incoerenze visive e narrative (illuminante la scena di Argentero che sta uscendo da casa Guidoni e si ritrova dal lato opposto della stanza, davanti alla finestra), una sceneggiatura che offre dialoghi al limite dell'umorismo involontario, scelte di ricostruzione improbabili, tra materiali di repertorio e il bianco e nero di alcune scene recitate. Un film sgrammaticato che sconcerta e addolora, dopo la buona prova di Romanzo Criminale. Ma lì c'era anche una certa Esmeralda Calabria, montatrice (e anche regista) dal peso creativo fondamentale. E qui la sua bravura ci è mancata tanto, troppo.
Voto: 2
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9 settembre 2009
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